In The City

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    Fuck you I'll tunnel underground

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    :Raini: :Karma:

    Non aveva dormito, nemmeno mezzo secondo. Non appena il suo orologio aveva segnato le sei si era avviato verso la sala giusto in tempo per vedere Karma rivolgergli un sorrisino strano, malizioso quasi, prima di sparire fuori dalla porta d'ingresso.
    Poco dopo anche lui fece lo stesso.
    Per salutare Amsterdam, si era detto, ma la verità era che non voleva rimanere da solo con Maxime.
    In meno di 24 ore avevano litigato, quasi scopato e litigato di nuovo. Con la luce del giorno e un trasloco imminente sembrava tutto troppo per lui.
    Come avrebbero fatto? Si sarebbero trovati tutti e tre a fare colazione insieme, guardandosi negli occhi, in un loft di New York?
    Una casa delle bambole inquietante, l'idea distorta di una famiglia dove il Padre era anche Figlio e Spirito Santo e loro venivano spostati di qua e di là, da fili invisibili ma dolorosi.

    I piedi lo condussero oltre il familiare velo del Mercato, mentre usava l'ultimo neurone che gli era rimasto per chiedere un miracolo a un dio qualunque.
    Senza quasi pensare si fermò alla tenda di Eda.
    - Stai di merda - lo salutò, e Rainihim le rivolse un sorriso.
    - Lo so. Stiamo partendo e volevo dire arrivederci -
    - Sempre meglio di un addio. Stai attento, ragazzo - la donna gli mise in mano un cristallo che sembrava emanare una luce ambrata.
    Dubitava che un amuleto lo avrebbe protetto da quello che sarebbe successo da lì a poco, ma la ringraziò.
    Passò alla tenda per raccattare le ultime cose, come facevano sempre, con l'unica differenza che stavolta Karma non era con lui.
    Quando ebbe finito mandò a quel paese il tipo della bancarella di fronte e poi rivolse un ultimo sguardo a quel paesaggio nebbioso, umido e leggermente grigiastro che era stato il suo unico panorama negli ultimi anni.
    Prima o poi sarebbero tornati, lo facevano sempre.

    Passò il resto della mattina in piedi, poggiato al muro di una stradina che dava sul rifugio, in attesa che Karma tornasse indietro direttamente dall'Inferno così da poter rincasare con lui e evitare in questo modo un sacco di domande, da tutti e due i suoi coinquilini.

    Verso mezzogiorno una macchina fin troppo elegante parcheggiò proprio davanti alla porta. Karma scese e lui lo raggiunse. La macchina non ripartì, ma non si sorprese. Agustìn era paranoico il giusto, per uno che faceva il suo lavoro.
    - Ti ho dato la mattina libera? - chiese Karma, mentre apriva la porta. Sembrava di umore buono, anzi, ottimo.
    Sorrideva come al solito, ma riusciva a percepire che fosse quasi sereno.
    Raini gli mostrò una valigia piena di tutte le cose che un tempo erano state la loro tenda al Mercato e Karma si battè una mano sulla fronte, come in un vecchio film in bianco e nero.
    - Che stupido. Come farei se non ci fossi tu, eh Rainhim? - il sorriso sulle sue labbra si allargò ancora un po', quel tanto da fargli domandare se si fosse solo immaginato un guizzo della lingua biforcuta.
    - Anni di pratica - Raini scrollò le spalle. Era strano da pensare, ma quasi apprezzava Karma in quello stato, per quanto non volesse sapere cosa fosse successo per rendercelo. Un orfanotrofio in fiamme? Un omicidio-suicidio? Tortura e mutilazione di un famoso Pastore della tv? Tutto era possibile.

    Sentì la mano guantata dell'altro poggiarsi sulla sua schiena; una carezza, come a un bravo cane. Quel contatto lo rese un po' orgoglioso, e quella sensazione lo nauseò.
    - Maxi, sei pronto? Non credo New York lo sia a te - era decisamente troppo di buon umore per farlo stare tranquillo.
    L'ultima volta che lo aveva sentito così accomodante aveva smembrato il suo stesso padre.
    Cercò con gli occhi la figura di Maxime, tentando di sembrare il più nonchalant possibile. Aveva una valigia magica piena di robaccia in mano, chiaramente di ritorno da delle commissioni indispensabili per il suo Padrone. Maxime non avrebbe di certo pensato che era letteralmente fuggito, no?
    Agustìn aveva ancora la mano leggera posata sulla sua schiena.
    Magari mi sta leggendo i pensieri. Guardami se mi stai leggendo i pensieri. ma Karma non batté ciglio.
     
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    :Maxime:

    Aveva dormito di merda.
    Dopo che Raini se ne era andato si era girato e rigirato nel letto per quasi un'ora prima di riuscire a prendere sonno e anche dopo di quello il minimo fruscio, tonfo o suono lo faceva sussultare.
    Immagini di Karma che scopriva tutto, di Enzo, di Raini e lui, del custode, e si vendicava si rincorrevano nella sua mente facendolo svegliare spesso tra sudori freddi.
    Alla fine decise di rinunciare a tentare di dormire e si alzò.
    La casa era vuota e silenziosa, probabilmente Augustin era uscito e si era portato Raini con sé in una delle sue commissioni.
    Il pensiero che fosse uscito per ucciderlo aleggiò nella sua mente, ma la rispinse indietro con veemenza.
    Fece colazione in religioso silenzio, fissando il vuoto con la stanza che veniva lentamente inondata dalla luce dorata del sole nascente.
    Si trascinò poi fino alla sua camera e rimase per qualche secondo sulla porta, guardando dentro.
    I mobili e gli oggetti che la notte prima avevano fluttuato e vorticato in giro erano disseminati in giro per il pavimento in maniera disordinata e le tende oscuranti tirate davano all'ambiente una penombra lugubre e deprimente.
    Sospirò, investito dai ricordi della giornata precedente che avevano del surreale.
    Con uno svolazzo delle dita tutti i mobili e gli oggetti disseminati in giro tornarono al loro posto.
    Infilò in valigia anche le sue cose che erano già lì nel covo e, quando la stanza fu vuota, la casa era ancora deserta.
    Decise di approfittarne e estrasse da una delle valigie vari tomi di magia maledicente per studiare meglio che tipo di maledizione potesse essere quella che Karma aveva scagliato su Raini.

    Dopo quello che poteva essere un periodo di un'ora o cinque, sentì la porta al piano di sotto, per cui decise di scendere per evitare che dovesse essere Augustin a convocarlo.
    Aveva scelto di vestirsi con un croptop di rete nero sopra cui aveva messo un blazer color avorio, con dei pantaloni dello stesso colore e scarpe di cuoio nere.
    Gli occhiali da sole con le lenti a gradiente rosa erano spinti sopra la sua testa e ad ogni passo le varie collane e bracciali d'oro tintinnavano allegri.
    Si costrinse a mettere su la faccia dello stesso umore.
    - Nessuna città è mai pronta a me - sogghignò ammiccante.
    L'espressione di Raini, accanto a Karma, era strana ma non lasciò che lo sguardo si soffermasse più di un secondo su di lui.
    Decise di ignorarlo, come avrebbe fatto fino a due giorni fa in ogni caso.
    - Allora? Quando si parte? -.
    Tentennò un secondo, incerto se dire quello che stava per dire. Alla fine optò per farlo.
    - Riguardo alla lettera di ieri sera, me ne occuperò quanto prima. Manderò una risposta a Lady Valerian questa sera stessa -.
    Con un po' di fortuna Karma avrebbe preteso che risolvesse da solo i propri casini, cosa che gli avrebbe dato un po' più di spazio di manovra con le fate.
    - Devo portarmi dietro Bobby? O posso andare da solo? - disse poi, guardando Raini con uno sguardo vagamente infastidito, ma segretamente sperando che lo obbligasse a portarselo dietro.
     
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    :Karma: :Raini:

    Cercare di guardare Maxime era come tentare di non guardare il sole nella giornata estiva più bella. Raini tenne lo sguardo fisso davanti a sè, cercando un'espressione neutrale che quasi non venne a mancare dopo il commento su Lady Valerian. Forse, anzichè litigare avrebbero dovuto aggiornarsi la sera precedente. Ma d'altra parte meno sapeva, meglio era per tutti.

    Agustìn levò la mano dalla sua spalla e fissò gli occhi prima sullo stregone e poi su di lui, come se stesse soppesando il da farsi.
    - Portatelo dietro se lo desideri, ma fai in modo che non possa proferire verbo - non aggiunse altro, ma Raini capì perfettamente le implicazioni di quella richiesta. Dopotutto restava una Fata.

    La valigia che teneva in mano sparì con uno schiocco di dita dello Stregone. Gli rivolse un cenno e schizzò al piano di sopra, a prendere la borsa con le ultime cose.
    Per il resto, la casa era rimasta invariata. Di solito si portavano dietro una mole incredibile di oggetti completamente innecessari, ma Karma aveva già detto che non sarebbe stata una visita lunga o di piacere.
    Afferrò la sua roba e poi tornò al piano di sotto.

    - Fuori - ordinò lo Stregone quando furono di nuovo insieme, ma non varcò la soglia con loro. Quando oltrepassarono l'uscio, la porta si richiuse alle loro spalle.
    - Hey - salutò Maxime, così piano da dubitare che l'altro avesse sentito. Il cuore era tornato a martellargli nel petto così forte da risultare fastidioso.
    Avrebbe voluto dirgli qualcosa di più, qualcosa di intelligente, ma non ci riusciva. In più Maxime era molto bravo a fingersi infastidito con lui, così bravo che Raini sospettava un fondo di verità in quella pantomima. Era certo che anche lui avesse ripensato alla sera precedente.
    L'auto era ancora parcheggiata poco lontano, coi vetri oscurati. Li avrebbe portati in qualche radura dimenticata da Dio e da lì avrebbero oltrepassato un Portale.
     
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    :Maxime:

    Alle parole di Augustin fece passare i suoi occhi freddi su Raini.
    - Non è esattamente un tipo loquace, non so se l'hai notato. Credo di aver scopato più volte questa settimana delle parole che gli ho sentito pronunciare da quando sono arrivato. Ma tranquillo. Gli cucirò la bocca, se necessario -.
    Dopo la discussione della sera prima, sebbene avesse avuto un lieto fine, Maxime scoprì che fosse particolarmente facile attingere alla fonte di fastidio nei confronti della fata delle precedenti settimane.
    Ne fu grato, visto che da quel fastidio dipendeva la loro vita.

    - Qual è il piano? - chiese a Karma, quando Raini schizzò al piano di sopra a prendere le ultime cose per il suo padrone.
    - Sono sicuro che sai che New York è... Un territorio un po' complesso, tra Cacciatori e Nascosti. Non so se li definirei celebrità, ma sicuramente sono famosi. E famose sono anche le loro gesta di un paio di decenni fa. Quindi quale sarà il nostro piano per soffiargli un Nephilim da sotto al naso? -.
    Sicuramente Lamia Murtuv non era stata molto sottile nell'attaccare Alicante direttamente con il suo esercito di zombie e sicuramente Augustin non era Lamia.
    Sicuramente aveva risorse, capacità e sottilezze differenti, ma il problema rimaneva.
    New York creava troppe incognite e troppe difficoltà da poter ignorare, incrociare le dita e sperare per il meglio.
    Il Diavolo aveva un piano, come sempre.

    Una volta fuori, Augustine rimase indietro.
    - Hey - sussurrò di rimando a Raini, senza guardarlo.
    - Ti devo parlare per la storia della maledizione, ma non ora. Troppo pericoloso -.
    Aprì lo sportello e si arrampicò sul sedile, in attesa.
    Aveva preso anche un'altra decisione, ma se avesse detto quello che aveva in mente a Raini avrebbe cercato di fermarlo
     
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    :Karma:

    - Sei sempre così impaziente? - Karma allungò una mano per dargli un buffetto su una guancia, il sorriso tatuato in volto.
    - New York è decisamente un territorio scomodo, per me. Non è la fama, che inseguo. - puntò gli occhi sui suoi. Era divertente. Sentiva il nervosismo dell'altro, come una sorta di tensione elettrica che gli correva sotto la pelle. Una sensazione che avrebbe imbottigliato volentieri.
    Sei così teso per New York? O c'è qualcos'altro?
    L'idea dell'incontro con le Fate Seelie non gli piaceva affatto, e mandare Raini con lui ancor di meno. Fargli fare un viaggetto nella Coorte Seelie era un rischio che avrebbe corso, sì, perché era curioso. Ma lo avrebbe fatto solamente dopo tante precauzioni.
    - Per ora ci limiteremo ad osservare. E poi, in un secondo momento, mi piacerebbe anche sentire la tua opinione su un eventuale piano. Dopotutto sei qui per un motivo, sarebbe stupido da parte mia non valorizzare al meglio i tuoi talenti - un piano esisteva già, ma quello era il piano di Karma. Quella richiesta era stata posta a trabocchetto. Se avesse risposto seriamente, partorendo un piano sensato, lo avrebbe stimato un po' di più. Se avesse svicolato, allora, certi suoi sospetti avrebbero trovato un fondamento.
    In ogni caso lui non aveva niente da perdere.
    Quando Rainihim tornò al piano di sotto, li fece sloggiare. C'era un'ultima cosa che mancava e che non avrebbe voluto condividere con i coinquilini.

    :Raini:

    Salì sul sedile accanto a Maxime, in silenzio.
    Avrebbe voluto allungare una mano per sfiorare quella dell'altro, per sincerarsi che l'astio nelle sue parole non avesse un fondamento.
    Ma, dopotutto, anche lui provava un fondo d'irritazione nei confronti dell'altro.

    Il conducente, Raini lo sapeva, era un tipo di poche parole.
    Dopotutto se il tuo mestiere è quello di scarrozzare il Diavolo da una parte all'altra dell'Inferno, la lingua non ti serve a molto.
    - Ciao Roy - lo salutò, ricevendo solo un mormorio in risposta.
    Indossava un borsalino nero che gli oscurava la pelle del volto, tesa e grigiastra, occhiali scuri, ed era armato fino ai denti.
    Alla fine tornò Karma, aprì la portiera e si posizionò accanto a Roy.
    Non gli disse nulla, e l'autista partì, come rispondendo a un comando mentale di qualche sorta.

    Guidarono per un po', a alla fine la cosa andò come previsto. Il luogo dimenticato da Dio prescelto di questa volta era un ponte abbandonato, su un fiume ormai secco.
    L'auto proseguì sui ciottoli, grattando con un rumore sgradevole.
    Agustìn scese, si spolverò il cappotto e mosse pigramente una mano. Qualcosa che sembrava sangue tracciò i simboli di un portale al posto suo, e poi lo fece una seconda volta.
    Roy, senza dire una parola, scese dall'auto ed entrò nel portale di destra, che scomparve immediatamente al suo passaggio.
    Attesero cinque minuti, ma a Raini sembrò un'eternità. Poi, Agustìn si stiracchiò, rivolgendo un ultimo pigro sorriso a quella landa desolata.
    - Tornerò - disse, a nessuno in particolare, prima di entrare nel portale.
    Raini attese il passaggio di Maxime. La macchina con cui erano venuti era svanita, assieme a ogni traccia del loro passaggio. Si guardò intorno un'ultima volta e, quando riaprì gli occhi, sentì un fortissimo odore di smog nauseargli i polmoni.
    E rumori, clackson, brusio.
    Karma si stava infilando in quel momento in un taxi giallo, molto turistico, ma poi Raini realizzò che alla guida c'era sempre Roy.
    Non c'era un limite alla paranoia del suo padrone.

    Attraversarono la città, percorrendo le strade intasate dal traffico e vennero scortati dalla macchina ai piedi di un grattacielo in quella che, a giudicare dai dintorni, non doveva essere una della parti più chic della città. Strano, pensò.
    Di solito alloggiavano ben lontani dallo squallore. Una villa nel cuore della città, sicuro. Anche un loft molto costoso nell'Upper East Side.
    Questa, però, era una scelta a dir poco peculiare.
    L'auto si fermò giusto il tempo di farli scendere, prima di sfrecciare via in una direzione opposta a quella da cui era venuta.
    Come per tutte le volte precedenti Karma fece leggere ad entrambi un indirizzo, che poi bruciò.

    Il grattacielo aveva due ascensori, uno che collegava gli uffici dei piani da 1 a 70 e uno che portava ai piani abitativi, 71-73.
    Karma aveva gentilmente riservato quei tre piani per loro.
    - Sistematevi dove volete, ma il piano più alto è off limits. Le chiavi non servono. Okay? - era l'unica cosa che gli aveva detto, prima di sparire nell'ascensore e lasciarli in quello che era il piano di mezzo. C'erano interi appartamenti vuoti, tutti molto simili.

    Alla fine Rainihim trovò il coraggio di alzare gli occhi su Maxime, certo che fossero soli.
    Aprì una delle porte, infilandosi in un appartamento a caso. Le grandi vetrate mostravano la città, le strade invase dalle auto, le persone che brulicavano in alcune zone.
    Non era male lì.
    - Possiamo parlare, ora? - gli chiese. Non aveva molta voglia di parlare, ma sentiva il bisogno di rompere quel silenzio carico si frustrazione che si erano portati dietro da Amsterdam.
     
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    :Maxime:

    No, vorrei solo sapere in che cosa mi stia cacciando prima di trovarmelo di fronte, pensò.
    Ma ovviamente non poteva dirglielo, perché il vero motivo per cui voleva saperlo in anticipo era poter preparare una potenziale contromossa.
    - Che posso dirti? - chiese, facendo spallucce e abbozzando un sorrisetto.
    - La pazienza sarà pure la virtù dei forti, ma mi sono sempre considerato più sexy, che forte. Questi muscoli sono per conquistare, non per sollevare le cose -.
    Il buonumore di Karma gli metteva i brividi anche più della sua collera.
    Spezzare la maledizione di Raini, troncare il suo legame con Karma e sparire. Un piano semplicissimo, in teoria, ma costituito da tre punti veramente ardui.
    Oltretutto nella sua mente si stava, da qualche giorno, formando la consapevolezza che l'unico modo in cui un atto simile non avrebbe avuto ripercussioni era se Karma fosse morto.
    Un altra cosa molto più facile a dirsi, che a farsi.
    Non era certo che lui e Raini, da soli, potessero aspirare a un trionfo simile, nemmeno all'apice delle loro forze e con l'effetto sorpresa.

    Augustin li portò a fare la gita fuori porta più da film horror della sua vita.
    Un tassista inquietante, un prete satanico, un principe rinnegato e una puttana entrano in una limousine: l'inizio della barzelletta più deprimente che Maxime avesse mai sentito.
    L'aria in quella macchina era talmente densa di tensione, che rendeva quasi difficile respirare.

    Una volta oltrepassato il portale si trovò a New York, in tutto il suo squadrato e dozzinale splendore.
    Era sorpreso, in effetti, dal fatto che Augustin non frequentasse di più gli Stati Uniti.
    La patria delle pistole, del fanatismo e delle sette.
    Insomma, il Paradiso per uno come il Diavolo: il che lo rendeva l'inferno per tutti gli altri.
    Il taxi li portò davanti a un palazzo che aveva tutta l'aria di essere l'ultimo edificio classificabile come newyorkese, appena prima del New Jersey.
    Inaspettato, da uno che aveva paramenti d'oro in tutte le stanze del covo da supercattivo.

    Alla fine lui e Raini rimasero soli al piano 72, e quando anche il rumore dell'ascensore si fu estinto, tra loro sprofondò anche io silenzio.
    La fata aprì una delle porte dell'appartamento e Maxime lo seguì dentro, cauto.
    Forse era la maschera che aveva tirato su per Karma, ma sentiva ancora una certa freddezza nei confronti dell'altro.
    - Non lo so, possiamo? - gli rispose, con tono pedante.
    Fece schioccare la lingua.
    Non voleva litigare come la sera prima.
    - Sì. Possiamo - convenne, chiudendo la porta dell'appartamento.
    E se avessero condiviso uno di quegli appartamenti? Se avessero finto, almeno per qualche ora al giorno, che fosse tutto normale?
    Ovviamente non potevano e li sapeva.
    Con tutto un piano di appartamenti perché avrebbero dovuto? Karma avrebbe fiutato qualcosa, sempre che non lo avesse già fatto.
    Maxime tirò fuori la lettera di Lady Valerian che Augustin gli aveva consegnato la sera prima e la porse all'altro, per fargliela leggere.
    - Così sei aggiornato sulla situazione. Ora veniamo a noi. Stamattina ho fatto un po' di ricerche e mi servirà un po' del tuo sangue per degli esperimenti. Non mi importa se tu sia contrario o no alla cosa, continuerò a cercare un modo di spezzare la maledizione che ti ha lanciato. Per cui sappi che se non acconsentirai a darmi il tuo sangue me lo prenderò da solo -.
    Non gli avrebbe permesso di sacrificarsi e rinunciare per un tentativo andato male.
    Si mise a giocherellare con l'anello d'argento.
    - Stamattina ho fatto delle ricerche e ho una teoria, ma devo controllare delle cose per capire se sia un'intuizione giusta oppure no -.
    Iniziò a girare l'anello attorno al dito.
    C'è un'altra cosa. Un'altra cosa che dovrò fare.
    Voleva trovare il coraggio di pronunciare quelle parole.
    Dirgli quello che voleva fare.
    Farsi gridare contro, convincere a non farlo.
    Ma la lingua non si muoveva.
     
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    :Raini:

    Lesse tutta la lettera, quella strana convocazione gli diede le farfalle nello stomaco.
    Da una parte, in un tempo lontano aveva ucciso tanti Seelie. Dall'altra, con l'età, aveva realizzato che anche quella era una casa; più di quella che abitava attualmente, almeno.
    Lo avrebbero considerato? Si sarebbero incuriositi di sapere cosa ci facesse, una fata della Caccia, in quella storia?
    Sicuramente non avrebbe proferito verbo, come gli era stato ordinato.
    Sarebbe comunque andato con Maxime e non avrebbe lasciato il suo fianco, perché il mondo delle Fate per quanto potesse essergli familiare rimaneva un luogo tetro e insidioso.

    - Ti darò il mio sangue, a patto che tu mi dica tutto. Ho visto ieri quello che è successo, e se vuoi che collabori devi essere onesto. Altrimenti puoi provare a prendertelo da solo, ma giuro che te lo renderò un inferno - concluse, piantando gli occhi nei suoi.
    Erano soli, la stanza era così silenziosa che riusciva a percepire l'elettricità delle prese sparse in giro.
    Avrebbe potuto allungare una mano e arrivare a sfiorarlo.
    Avrebbe voluto, ma contemporaneamente non poteva rischiare di ritrovarsi nella situazione del giorno precedente.
    Lo guardò giocherellare con l'anello e quell'aria vulnerabile che gli faceva stringere lo stomaco.
    - Che teoria? - domandò, ritrovandosi a far vagare lo sguardo per i tetti delle strutture sotto a loro.
    Nuova città, nuove missioni, nuove maniere per farsi ammazzare una volta per tutte.
     
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    :Maxime:

    I suoi occhi scivolarono su Raini e ordinò ai suoi muscoli di irrigidirsi un po' giusto per un momento.
    Il tanto che bastava per lasciare intendere che potesse prendersi il suo sangue facilmente, se lo avesse voluto.
    Sapeva che nella realtà dei fatti era un po' più complesso.
    Le fate erano resistenti alla magia e gli incantesimi avevano un'efficacia diversa su di loro.
    Anche se fosse riuscito a bloccarlo dubitava che sarebbe riuscito a tenerlo così per il tempo necessario a prendergli il sangue necessario per gli esperimenti, e se fosse finita sul piano della lotta fisica, la fata l'avrebbe sopraffatto con facilità.
    Il pensiero gli provocò un inaspettato fremito di eccitazione, che però ignorò.
    L'unghia del suo pollice si mise a tormentare le incisioni sull'anello e Maxime spostò il peso del suo corpo da una gamba all'altra, a disagio.
    - Avendo usato un rituale di sangue e sacrificato così tante vite... -.
    Stava cercando le parole.
    Delle parole delicate, delle parole per dire quello che voleva dire, ma senza doverlo veramente mettere in parole.
    Non esistevano.
    Fece un respiro profondo e abbassò gli occhi sulle proprie scarpe.
    - ... Credo che la maledizione sia legata alla tua energia vitale -.
    Non alzò lo sguardo perché non voleva vedere l'espressione di Raini quando avrebbe elaborato quell'informazione.
    - Ma è solo una teoria, per ora - si affrettò ad aggiungere, trovando finalmente il coraggio di alzare gli occhi su di lui.
    Non ti lascerò vivere così. In qualunque caso, troverò il modo di liberarti, giurò a sé stesso.
    Lasciò che un breve silenzio cadesse tra loro.
    - Ti ho detto tutto - mentì, con un leggero cenno del capo per dare meggiore forza a quell'affermazione.
    - Chi potrebbe aver fatto una soffiata su Stonem? Insomma, non dico che una fata come Lady Valerian non abbia spie... Ma dico solo che mi sembra una coincidenza troppo ad hoc che nel Mercato delle Ombre di Amsterdam ci fosse qualcuno fedele a una nobile Seelie, che conosca un vampiro di New York, sappia che si tratti di suo figlio e si senta in dovere di informare la Nostra Signora dell'Austerità della cosa - stava cercando di cambiare discorso, ovviamente.
    Però era comunque una domanda che lo tormentava dalla sera precedente.
     
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    :Raini:

    Ascoltò l'altro mentre gli diceva quello che, in cuor suo, aveva sempre saputo. Quella maledizione sarebbe morta con lui, quando sarebbe arrivato il momento. Un metodo molto da Karma, senza dubbio.
    Non riusciva, però, a essere triste. Magari lo attendeva un'esistenza fatta solo di quello, di fughe e missioni rischiose e gente improbabile. Però ora era sopportabile, e lo sarebbe stato fin quando Maxime non avrebbe trovato un modo per sfilarsi dalle grinfie del suo padrone.
    Ma avevano ancora tempo per quello, tempo che non avrebbe sprecato. Anche cercare una soluzione gli sembrava una perdita di tempo, ma per ora poteva solo stare al gioco.
    - Mi sembra una teoria molto plausibile. A cosa ti serve il mio sangue? - domandò poi. Avrebbe voluto lanciarsi in qualche discorso sul lasciar perdere quella storia. Ma Maxime era testardo, quasi come lui, e se la cosa che gli aveva detto era vera, il tempo che avrebbero passato insieme vivi era limitato. Di sicuro troppo limitato per ricominciare a litigare in quell'istante.

    - Onestamente ho una mezza idea di chi possa essere corso a vendere un'informazione del genere. Ma dopotutto Eda mi aveva avvertito sul fatto che fosse stato riconosciuto da più o meno tutti. Magari non è stato neanche nessuno del Mercato, magari le Fate lo stavano tenendo d'occhio. - improvvisamente era stanco di parlare. Non dormire da più di 24 ore lo faceva sentire lento, pesante addirittura. Ora che si sentiva leggermente più tranquillo, le sue palpebre lottavano per rimanere spalancate.
    Alla fine si lasciò cadere sul divano al centro della stanza e cercò Maxime con gli occhi. Non avrebbe odiato se fosse stato più vicino, affatto, ma l'idea di sfiorarlo ora lo terrorizzava.
    - New York è come te la ricordavi? - gli domandò alla fine, cercando di sviare il discorso da lui, dalle maledizioni e dai problemi legati alle Fate.
     
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    :Maxime:

    Tutte quelle domande un po' lo irritavano, ma le capiva.
    Non era più abituato ad essere coinvolto con le persone, era abituato a scambi.
    Scambi economici, scambi di favore, scambi sessuali.
    La gente in quelle circostanze non faceva domande, e non ne faceva nemmeno lui.
    Una fiala di sangue. E l'aveva.
    Un appartamento sicuro. E lo trovava.
    Spogliati. E rimanevano nudi.
    Ma quello non era uno sterile scambio, e capiva che Raini volesse sapere.
    - L'ultima volta che ho tentato alla cieca basandomi su una teoria mi sono ritrovato a terra sul punto di morire dissanguato con il braccio crivellato di fori. Vorrei evitare di fare il bis. Il tuo sangue mi serve per fare degli esperimenti per poter essere certo di quello che ho ipotizzato. Non sarà rapido, ma a meno che Karma non ci elimini prima, il tempo è l'unica cosa che entrambi abbiamo davvero -.
    Beh, no.
    Il tempo e l'un l'altro.

    Le fate. Avrebbe dovuto gestire anche quella faccenda.
    Magari quella sera avrebbe cercato il più vicino Sentiero delle Fate e avrebbe mandato un messaggio alla nobile.
    Magari avrebbe chiesto a Raini di accompagnarlo, giustificando con Augustin che il suo aiuto fosse fondamentale per cercare un luogo simile.
    Magari sarebbero riusciti a strapparsi un po' di tempo per loro.
    - Questo posto è a malapena New York - rispose, asciutto.
    - Pensavo che il Diavolo volesse un po' più di lusso, o quantomeno stare più vicino all'Istituto o al centro. Non capisco questa scelta -.
    Quel pomeriggio sarebbe dovuto andare a vedere l'appartamento che aveva organizzato per Malcom e gli avrebbe aperto un portale da lì.
    Lo seccava solo il fatto che quel posto e quello in cui si trovavano al momento fossero così distanti.
    Malcom era cresciuto in quella città.
    L'idea di lasciarlo solo a New York e il fatto di non averlo sotto stretta osservazione lo metteva a disagio.
    Non era certo di cosa avrebbe potuto fare o tramare.
    Si sentiva in trappola sotto così tanti aspetti.
    Come se all'improvviso si fosse svegliato di soprassalto, scoprendosi incatenato e ricordando a malapena come una cosa simile fosse potuta succedere.
    Malcom, Augustin.
    Persino Raini.
    Per quanto quell'ultimo legame fosse decisamente più piacevole era una catena.
    Non poteva abbandonarlo, non poteva andarsene e non poteva permettere che gli succedesse nulla.
    Odiarlo era stato più facile.
    Per decenni era stato libero di andare dove volesse, fare quello che volesse, e ora non era più così.
    Da almeno uno di quei vincoli doveva liberarsi.
    - Ti devo dire una cosa -.
    L'anello al dito sembrava diventato pesantissimo, un macigno, un pezzo di piombo.
     
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    :Raini:

    - D'accordo, ma se diventa pericoloso allora chiudiamo questa storia - acconsentì. Voleva liberarsi della maledizione, lo desiderava sul serio, ma non era disposto a rischiare la vita di nessuno per farlo, tantomeno quella di Maxime.
    Non avrebbe avuto alcun senso essere libero se fosse capitato qualcosa all'altro.
    - Qua sotto è pieno di uffici Mondani, e c'è una bella vista. Agustìn diventa leggermente paranoico in ambienti di cui non ha il controllo totale - magari c'era anche qualcos'altro sotto, ma era certo che avesse fatto quella scelta per volare molto in basso sul radar dei Cacciatori.

    Quando l'altro gli comunicò che voleva dirgli qualcosa, sentì il cuore diventare improvvisamente pesante.
    Tra le dieci frasi che odiava di più al mondo, quella occupava la terza posizione.
    Stava per dirgli che quello che era successo la sera precedente non sarebbe dovuto più succedere? Che era stato tutto uno sbaglio? Non avrebbe potuto biasimarlo, ma in cuor suo non riusciva davvero a pentirsi di nulla.
    - Puoi dirmi tutto, lo sai - rimase immobile, come in attesa di un giudizio divino, col fiato sospeso.
     
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    :Maxime:

    Lo stregone alzò gli occhi al cielo in maniera quasi impercettibilmente.
    Perché si sceglieva sempre uomini così? Cocciuti, stoici e martiri?
    - Sì, sì. Tranquillo. Se diventa pericoloso lasciamo perdere e restiamo nella sicurezza e nell'idillio della situazione attuale, non preoccuparti -.
    Troppo sarcasmo?
    Forse un filino, lo riconosceva.

    Si mordicchiò il labbro, annotando solo distrattamente il commento sugli uffici.
    La sua mente era occupato da una questione più grande.
    Sospirò e lo prese per mano, conducendolo verso un divano su cui lo fece sedere.
    Si sedette accanto a lui, trovando a fatica le energie per guardarlo negli occhi.
    Stava tormentando l'anello, ruotandolo attorno al dito, passando la punta del polpastrello sul simboli e sui bordi.
    - Credo di avere un modo per spezzare la maledizione che Karma mi ha lanciato e di troncare il potere che ha su di me senza che lui lo sappia -.
    Fece un sospiro, incerto su come proseguire, sulle parole esatte da utilizzare.
    Era qualcosa che poteva funzionare, in teoria, sulla carta, ma in pratica nascondeva delle insidie potenzialmente più oscure.
    Eppure era l'idea migliore che avesse: preferiva quella strada all'opzione di sottomettersi a Augustin.
    - C'è una cosa di me che non ti ho detto. Ti ho detto che avevo delle ali, prima che mi madre me le strappasse, ma non ti ho detto che le ho ereditate da mio padre -.
    Non tutti i Demoni avevano le ali, anzi, tra quelli che avevano figli, quelli con le ali erano molto pochi.
    Si contavano sulla punta delle dita, e non era un bell'elenco.
    - Sono figlio di Astaroth, uno dei Principi dell'Inferno. Il Demone delle Menzogne. Il Manipolatore delle Leggi e dei Contratti -.
    Non lo aveva mai rivelato a nessuno e ora sembrava così strano pronunciare quelle parole.
    - Sono bravo nelle maledizioni, è sicuramente un talento naturale, ma la vera branca che ho studiato è l'evocazione demoniaca e la demonologia, anche se non è una cosa che pubblicizzo -.
    Quelle erano i suoi assi nella manica più segreti, e ora stava scoprendo le carte con Raini, sperando che non se ne sarebbe pentito.
    - Intendo evocare mio padre e stringere un patto con lui affinché mi liberi da questo legame con Augustin -.
    Nel silenzio che seguì, Maxime chiuse gli occhi in attesa di una reazione.
     
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    :Raini:

    Si lasciò condurre verso il divano, provando un brivido nello stringergli la mano, una sensazione bellissima e contemporaneamente terrificante.
    E poi ascoltò in silenzio, non senza un certo orrore. Era questa dunque la cosa che aveva taciuto finora? Poteva comprendere perché non lo avesse sbandierato.

    E dunque eccoli lì, il principe bastardo della Coorte Unseelie e il figlio di un Principe Infernale, entrambi maledetti e con le spalle al muro.
    Aveva sentito parlare di Astaroth. Aveva sentito quel nome direttamente dalle labbra del loro padroncino. Magari non conosceva la discendenza di Maxime, ma anche quello era un rischio che andava valutato.
    - So che è tuo padre e... - cominciò, incerto su come proseguire la frase.
    Non voleva offenderlo, o mancargli di rispetto, o dire l'ennesima cosa sbagliata al momento sbagliato.
    - ... se tu ritieni che sia la cosa giusta da fare, possiamo farla. Però non so se vincolarsi a qualcun altro sia la mossa da compiere - soprattutto, vincolarsi al demone delle menzogne, il manipolatore di leggi.
    - Agustìn è furbo, è forte e gioca a carte coperte. Ma ha dei limiti che tu padre non possiede - come un corpo fatto di sangue e ossa e la possibilità di morire una volta per tutte, avrebbe voluto dirgli.
    - Il contratto che hai stretto con Karma ha una fine, a differenza del mio. E questo è un asso nella manica pericoloso da calare, perciò ti prego di aspettare. Sarà che non ho una grande fiducia nei padri in generale e forse è presuntuoso da parte mia, ma Karma è un diavolo che conosco -
    Un diavolo da cui, per lo meno, posso provare a difenderti. questo non lo disse, ma fissò gli occhi nei suoi e allungò una mano per stringere la sua e impedirgli di continuare a tormentare l'anello.
    - Ti ho detto cosa penso, ma sono consapevole che farai quello che ti pare, alla fine. Qualunque sia la tua scelta, non sarai solo - concluse, ispirando.
     
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